Il nome di Odigitria fu dato dai fedeli di Costantinopoli ad una antichissima immagine della Vergine che, quale presunta vera effigie della Madonna attribuita al pennello di San Luca, nel 450 da Gerusalemme fu inviata a Costantinopoli in dono dalla esiliata Imperatrice Eudossia alla nuova Imperatrice Pulcheria sua cognata, perché fosse venerata in quella città dedicata a Maria dallo stesso Costantino nel 330. Pulcheria le eresse una Chiesa con annesso monastero nell’acropoli della città, nei pressi del palazzo imperiale: essa, col tempo, fu comunemente chiamata «degli odeghi», cioè, «delle guide» o «dei condottieri», perché vi si recavano a invocare la protezione della Vergine i condottieri dell’esercito imperiale, prima di marciare contro i Turchi. Da ciò derivò alla Vergine raffigurata in quell’immagine l’appellativo di «Odigitria». In seguito alla conquista di Costantinopoli da parte dei Crociati, nel 1207, l’immagine fu donata dall’Imperatore Enrico alla Repubblica Veneta, ma i fedeli si opposero alla sua partenza e la trasportarono in più sicura custodia nella Chiesa di S. Sofia. I veneziani riuscirono a trafugarla, ma non osando portarla a Venezia la collocarono nella Chiesa del Salvatore Pantocrator. Trasformata questa in moschea dai Turchi quando nel 1450 conquistarono Costantinopoli, fu trasferita nella Chiesa di S. Salvatore in Chora, da dove poi scomparve senza lasciare traccia.
“Odigitria” etimologicamente sta a significare “Guida nel cammino”; e il concetto è iconograficamente espresso dalla Vergine che con la mano destra indica il divin Figlio, la “retta via”: da questo gesto trae origine l’appellativo. Nell’icona Gesù è raffigurato nell’atteggiamento del Giudice Misericordioso: infatti tiene nella mano sinistra il rotolo della legge, mentre con la destra benedice e perdona, in conformità all’immagine canonica del Cristo Pantocratore. È da notare inoltre che il volto del Bambino esprime una serietà e una maturità proprie dell’ adulto, perché raffigura il Dio-Uomo. I colori dominanti sono il blu della tunica della Vergine, segno di umanità, ed il porpora della veste del Figlio, simbolo di regalità: quella regalità di cui tutti noi, in quanto figli di Dio, siamo rivestiti. Le tre stelle sul manto della Vergine una sul capo e due sulla spalla alludono ad una antichissima simbologia della sua verginità: prima, durante e dopo il parto.
La Vergine sotto il titolo di Odigitria fu considerata la “protettrice”, la “conduttrice”, la “guida” non solo della città di Bisanzio ma di tutto l’impero d’Oriente, che comprendeva le regioni più meridionali d’Italia. Questo culto si diffuse principalmente in Sicilia, a causa dei particolari e vetusti legami dell’Isola con la Chiesa d’Oriente facente capo a Costantinopoli (basti ricordare che nel corso del VII secolo l’imperatore Costante II trasferisce addirittura la sua residenza in Sicilia, e precisamente a Siracusa, che in quegli anni diventa quindi la capitale dell’Impero d’Oriente e sede del Patriarcato). Si può veramente affermare che non c’è paese in Sicilia che non abbia una chiesa, una cappella, un altare dedicato alla sua celeste Patrona, la Vergine Odigitria, che da sempre la liturgia festeggia il martedì successivo alla solennità di Pentecoste. Si capisce così perché il gruppo originario di siciliani residenti a Roma, quando verso la fine del XVI secolo si danno convegno per fondare un sodalizio che sia punto di riferimento, sia religioso che caritativo, della “Nazione siciliana”, non hanno dubbi nel mettere la nascente associazione sotto la protezione e la denominazione della Vergine Odigitria. (Per le vicende storiche che contrassegnano la vita della Confraternita negli oltre quattro secoli dalla sua fondazione – avvenuta il 5 febbraio 1594 si rimanda al volume “L’ARCICONFRATERNITA DI S.MARIA ODIGITRIA DEI SICILIANI IN ROMA” di Giuseppe M. Croce). Per venire agli avvenimenti dei nostri giorni, vogliamo qui ricordare un episodio riguardante l’icona della Vergine Odigitria che attualmente si venera nella nostra chiesa. S. Ecc. l’Arcivescovo Mons. Antonio M. Travia, Primicerio dela Arciconfraternita dal 1970 al 1998 e spirito nobilmente e autenticamente ecumenico, durante una visita del Patriarca Atenagora I a Roma, volle esprimergli il desiderio dell’Arciconfraternita di avere una copia dell’Odigitria di Costantinopoli. Il Patriarca aderì a questa richiesta, ma purtroppo dopo poco tempo morì. Non senza avere tuttavia dato incarico al suo successore Dimitrios I di onorare la promessa fatta all’Arcivescovo Travia. Il prezioso dono quindi pervenne tra la commozione e la gratitudine generale dei confratelli. La bellissima immagine, contornata da una grande raggiera in legno dorato, venne inaugurata il 13 dicembre 1974 da S. Em. l’Arcivescovo di Palermo Salvatore Pappalardo, Cardinale del titolo di S.Maria Odigitria dei Siciliani, nel corso di un solenne pontificale durante il quale fu consacrato l’altare maggiore rinnovato secondo le nuove disposizioni della riforma liturgica. Da allora questa tenera immagine è oggetto della devota attenzione e venerazione della nostra Arciconfraternita; da allora essa maternamente guida e protegge questa porzione della Chiesa di Sicilia che ha il privilegio di dimorare nella Capitale della Cristianità.